domenica 19 maggio 2019

Insegnare non è un reato

XY gestisce un bar che offre alla clientela molte varianti al caffè tradizionale, una su tutte il caffé marocchino.
Qalche giorno fa, su segnalazione di alcuni attivisti di Fratelli di torrefazione e Espresso d'Italia, il bar è stato visitato dagli agenti per la salvaguardia delle tradizioni e la difesa dai nomi con prodotti esotici.
Il bar dovrà sospendere le attività per almeno quindici giorni in attesa di verifiche.
Il barista, visibilmente amareggiato, ha dichiarato: "Il mio compito è di servire i clienti, offrendo loro alternative, assecondando i loro gusti, sono scelte personali e che non implicano una presa di posizione contro questo o quel modo di bere caffè ma solo esperienze personali libere".
AB produce mobili e oggetti in bambù.
Dopo che alcuni clienti di AB hanno dichiarato, davanti a sostenitori di Legno Italico, che trovavano i prodotti migliori dei mobili realizzati con legno più tradizionale si è scatenata una protesta ce ha portato gli agenti della difesa del legno peninsulare a visitare l'azienda per determinare se l'opinione della clientela si fosse formata liberamente o imposta dal produttore AB.
AB è stato sospeso dalla sua attività per almeno quindici giorni in attesa del risultato delle indagini.
AB ha dichiarato: "I miei prodotti non sono contro questo o quel legno. I confronti li fanno i potenziali clienti dopo aver visto quello che faccio io e quello che producono gli altri, tutto è frutto della loro libera scelta".
Adesso proviamo a metterla in questa maniera.
Da sempre uno degli scopi della scuola non è la semplice trasmissione di nozioni ma anche sviluppare  la capacità di analisi e approfondimento degli argomenti studiati.
Su qualsiasi tema non c'è mai stata, non c'è e non ci sarà mai una sola opinione.
Un bene, un male?
Per il momento viviamo in una nazione nella quale se ne può parlare liberamente.
Una nazione nella quale cercare di insegnare che le cose vanno non solo imparate ma studiate e approfondite non è un reato.
Almeno per il momento.



sabato 18 maggio 2019

Sergio Pellissier

A volte penso quanti gol in più in carriera avrebbe potuto fare Sergio Pellissier se avesse giocato in una squadra con ben altre ambizioni di classifica.
E quante presenze avrebbe fatto in nazionale?
Come sempre per queste domande non c'è una risposta, mi devo accontentare di quello che ho visto in campo.
E quello che ho visto è stato un giocatore che non si è mai tirato indietro quando è stato chiamato a dare una mano, uno che ha masticato amaro in panchina quando qualche allenatore pensava non potesse più essere utile.
Sarebbe stato più facile andare altrove e invece Pellissier è rimasto, pronto a prendersi la propria rivincita al momento opportuno.
Forse perché, a dispetto di altri, Pellissier ha sempre saputo che la dimensione giusta per lui fosse il  Chievo.
C'è sempre un momento di malinconia quando le storie finiscono, quando le bandiere lasciano.
Anche perché tra il suo primo gol con la maglia del Chievo e oggi ci sono 17 anni e in quasi venti anni quante cose cambiano.
Grazie Capitano di esserci stato in tutto questo tempo.