martedì 12 novembre 2013

La ricostruzione del Mocambo



Da tempo volevo scrivere questo post ma avrei potuto farlo solo il giorno in cui sarei riuscito ad uscire da un tunnel buio e difficile, fatto di depressione e mancanza di speranza.
Quando non ti piaci, non ti piace più il lavoro, quando pensi di non poter essere interessante per nessuno, allora persino le cose più elementari passano in secondo piano.
Così inizi ad accumulare sporcizia in casa, a non cucinare più, a dire “devo pulire, lo so ma fa lo stesso”.
Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana le cose si accumulano e ti ritrovi un muro di robe sparse ovunque e non riesci più a venirne fuori.
Incolpi il resto del mondo di tutto ma il problema sei tu e ti ostini a cancellare questa verità perché è la soluzione più semplice ma più falsa.
Però per fortuna esistono gli amici, e così ho ho avuto coraggio di dire, dopo troppo tempo, “non ce la faccio più, aiutatemi”.
Adesso casa è di nuovo pulita, sono tornato a cucinare, ad aprire le finestre senza dovermi vergognare, a vedere le cose con “speranza”.
Così rinasce, usando le parole di Paolo Conte, il mio “Mocambo”, la mia vita, non senza problemi ma diversa, come ho scritto avendo “speranza”.
Buon resto di settimana.

venerdì 4 ottobre 2013

Lampedusa bel suol di morte

Quanto durerà lo sdegno per la tragedia di Lampedusa?
Poco, tra qualche giorno se non tra qualche ora, ci sarà già qualcosa di nuovo di cui parlare.
Comunque lo sdegno un po' durerà, giusto il tempo di dichiarare che è tutta colpa del ministro Kyenge o della presidente Boldrini.
Oppure per gli anticlericali per affermare che il Papa sbaglia a offrire solidarietà ai poveretti che vengono da quei paesi in via di sviluppo che non si sono mai sviluppati.
Sicuramente lo sdegno durerà giusto il tempo di apparire in un telegiornale e magari dire che quella gente andrebbe aiutata nei loro paesi, lo diranno gli stessi che non vogliono che l'Unione Europea metta il naso nei nostri conti.
E in questo poco tempo durante il quale lo sdegno durerà, tutto ed il contrario di tutto avranno spazio, giusto così per avere un po' di visibilità.
Buon fine settimana

giovedì 26 settembre 2013

Poi iniziò a piovere



Seduto sulla panchina Gianni leggeva le notizie del giorno, finalmente la primavera si era decisa a prendere il posto dell’inverno.
Gli tornò alla mente una gita con sua madre, aveva portato mamma già malata a vedere il lago di Garda, il calore del sole gli ricordò attimo per attimo quella giornata diversa dentro un lungo cammino di dolore.
Gianni ripensava ai libri di fantascienza letti, ai film visti, in quelle storie le malattie avevano sempre una cura, sempre.
Tutto era semplice, gli scienziati in poco tempo costruivano astronavi o macchinari capaci di viaggiare nel tempo e nello spazio e così le malattie sconosciute e letali venivano eroicamente vinte.
Invece a Gianni era toccato di vivere in una realtà senza nulla di fantastico o eroico, l’unica cosa che poteva fare era sedersi accanto al letto di mamma e aspettare che la morte prendesse la decisione di liberare quel corpo martoriato da tutte le sofferenze.
La morte si decise una domenica mattina di Febbraio, dopo tre infiniti anni.
Da allora Gianni ebbe solo un pensiero ricorrente “Chissà se si troverà mai una cura? Magari ora nel futuro qualche medico ha scoperto il rimedio definitivo alla piaga che ha ucciso mamma e così tante persone”
E mentre pensava ancora una volta a quella domanda accanto a lui sedette un uomo, Gianni lo guardò e rimase impietrito.
Era lui, solo più vecchio ma identico a lui, persino negli abiti.
Il cuore iniziò a battere a mille, non riusciva a muoversi o parlare per la paura, poi l’anziano Gianni parlò.
“Non è un’allucinazione e non avere paura, vengo a darti la risposta che cerchi da tempo”
 “La cura?”
“L’abbiamo trovata, ora nessuno più soffre di quel flagello ma sono venuto anche per rispondere ad un’altra domanda, quella che non ritieni importante”
“Sarò per sempre solo?”
“No, non lo sarai ma non mi è concesso dirti di più, le macchine che utilizziamo per muoverci nel tempo possiamo usarle solo osservando il divieto di non modificare gli eventi. Con te abbiamo fatto un’eccezione per ‘correggere’ un’anomalia. C’è solo una cosa che da oggi in avanti potrai sapere sul tuo futuro”
“Cosa?”
“Poi iniziò a piovere, solo questo. Addio”
Un anno dopo
Sedette sulla stessa panchina di sempre e iniziò a leggere come faceva sempre, il tablet inizio a mostrargli parole, suoni e immagini.
Una ragazza seduta sulla panchina di fronte lo guardava incuriosita.
“Un giorno così bello tu passi il tempo a guardare uno schermo?” chiese la donna.
“Ho questa abitudine, mi aiuta a rilassarmi dopo una settimana di lavoro e non ho molto tempo per leggere gli altri giorni”
“A me piace leggere prima di addormentarmi ma non c’è libro che tenga quando il sole splende come oggi, a proposito, io mi chiamo Elisabetta e tu?”
“Gianni”
Poi iniziò a piovere…


Questo racconto è dedicato a mia mamma Amalia, morta a causa della Sclerosi Laterale Amiotrofica e alla Signora Mariangela Lamanna che si batte per i diritti degli ammalati di SLA. Con la speranza che presto chi cerca una cura contro questo flagello urlì “Eureka!”

lunedì 23 settembre 2013

A noi gente di provincia...

A noi, gente di provincia, piace complicarci la vita.
Mica siami capaci di vedere che le cose le abbiamo sotto il naso.
No, proprio no.
A noi, sempre gente di provincia, dallo studio, al lavoro e ultimo ma non ultimo, l'amore piace andarlo a cercare, come diceva in dialetto la mia povera mamma "sotoacqua" (cioè immergendoci nel liquido convenzionalmente chiamato acqua).
A noi, ribadisco gente di provincia, ci affascinano le metropoli, le ragazze che abitano nelle metropoli e allora fai tanta strada perché pensi faccia figo frequentare le ragazze delle metropoli.
Perché pensiamo che le città grandi grandi e chi ci abita siano solo versioni un po' più grandi del tuo paese, solo che non è così  (a proposito il soggetto è sempre noi, gente di provincia).
Insomma, a noi gente di provincia (penso dovreste averlo capito vero?) la semplicità a volte non piace.
Poi un giorno ti stufi, apri gli occhi e pensi che in fondo la provincia non è così male e non si può essere qualcosa che non si è, magari ci si può provare, ci si può illudere ma è così, a noi (vabbè dai , non lo scrivo stavolta)  piace anche ammettere i nostri limiti, i nostri sbagli.
Così quando torni in quei posti tanto affascinanti finalmente li guardi con il giusto distacco e quando è ora prendi la metro verso la stazione e il treno senza rimpianti o forse qualche rimpianto lo hai, perché a volte anche a noi, gente di provincia, a volte dispiace essere qualcosa che non siamo.
Buona settimana

lunedì 16 settembre 2013

"Mi lasci almeno la mia dignità"

Uno dei giorni più duri nella vita di mio padre fu quando andò a chiedere ai servizi sociali del comune un contributo per riuscire a pagare l'affitto.
Papà fino a pochi anni prima imprenditore senza pensieri e con una azienda che sembrava solida si ritrovò in pochi anni... povero, non ci sono altri termini.
Anzi, tutti ci ritrovammo poveri.
Entrò, strinse la mano con la solita decisione e senza incertezze all'assitente sociale, le spiegò la situazione e ascoltò quello che avrebbe dovuto fare.
Papà però si accorse che l'assistente sociale lo stava squadrando da capo a piedi e allora  papà disse "Signora, lo so che può sembrare fuori luogo venire a chiedere aiuto indossando un costoso capo firmato, quello che indosso è solo un ricordo di un tempo che non c'è più, di un agio finito, la prego non mi giudichi, mi lasci almeno la mia dignità"

giovedì 25 luglio 2013

Inferno

La ragazza alla fermata dell'autobus indossa magliette e shorts all'ultima moda, difficile non vederla nei suoi colori sgargianti.
Non capisco la sua età ma è giovane, molto giovane.
Abbronzata, non saprei dire se i capelli siano tinti o naturali, occhi azzurri, anche quelli difficili da non vedere.
Così come non è difficile vedere che lei l'autobus non lo prende mai, rimane sulla panchina e ogni tanto si ferma un'auto, un finestrino si abbassa ed esce una sola domanda: "quanto?"
A volte torna a sedersi sulla panchina, a volte sale in auto.
Quando tutto finisce i suoi occhi sono fissi verso un punto dall'altra parte della strada, uno sguardo assente, fatto di sostanze artificiali.
Poi passa un'altra auto, il finestrino si abbassa e ricomincia l'inferno.

mercoledì 17 luglio 2013

Indicativo presente

Però mi piaceva stare con te.
E adesso invece?
Adesso? Adesso che importa, te ne stai andando.
Anche se usassi l'indicativo presente non cambierebbe nulla, sarebbero sentimenti solo miei ma ammetto sarebbero parole vere perché anche ora mi piaci, forse anche più di prima.
Non ci furono risposte, aprì la porta e se ne andò
La guardò andarsene e ripensò "Sì, mi piaceva stare con te" ma stavolta non aggiunse nessun pensiero coniugato all'indicativo presente

giovedì 20 giugno 2013

Volete mettere morire

Volete mettere morire?
A parte l'inconveniente di morire e non essere più al mondo, morire è per chi rimane una grande fregatura.
Il morto ti doveva dei soldi?
Amen, nessun bonifico dall'altro mondo, tutto sanato, rimesso.
Eri uno sul quale l'azienda puntava per mirabilanti risultati di fatturato?
Sorry, tutto rimandato per l'eternità.
Insomma volete mettere defungere (esiste come verbo? Non lo so, non importa) lasciare tutti, salutare il gruppo e godersi il riposo eterno.
Già, se non fosse che si muore potrebbe essere interessante.

domenica 26 maggio 2013

Struccon

Dicesi in dialetto veneto "struccon" abbraccio particolarmente forte, prolungato ed affettuoso.
Lo si riserva alle persone con le quali ci sentiamo più affezionate ma anche a persone care che non si vedono da tanto tempo.
Uno "struccon" lo si riserva anche alle persone che si incontrano per la prima volta, quelle con le quali si intrattengono rapporti "per corrispondenza".
Corrispondenza fatta una volta da lettere e oggi sempre più sostituita da contatti sui cosiddetti social networks o via mail.
La sostanza però non cambia, alla fine è un abbraccio quello che cerchiamo.
Con la persona mai vista, con quella sempre conosciuta o con l'amico ritrovato.
Perciò vi lascio qui il mio "struccon" come augurio di una buona settimana.

sabato 18 maggio 2013

A

Questa è una storia che inizia undici anni fa, un pomeriggio d'Agosto.
A come Alberto, Alberto Malesani di professione allenatore dell'Hellas Verona.
"Alberto!" grida il mio amico Massimiliano e Malesani si volta e ci saluta, c'è tanto entusiasmo attorno a quella squadra, forse finalmente il Verona farà un campionato all'altezza del suo passato più glorioso.
Invece sarà l'inizio di un incubo spotivo, fatto di retrocessioni umilianti, di salvezze raggiunte per un pelo e di occasione perdute.
Una storia di proprietari inetti e affaristi ma anche presidenti coraggiosi che hanno messo in gioco tutto, persino la vita, pur di riporatare il Verona in serie A.
Ecco, ora vorrei dire che questa storia finisce oggi con la gioia di una promozione attesa per undici lunghi anni.
Invece a me piace pensare che la storia continua e il nuovo capitolo, ancora tutto da scrivere, inizia con la stessa lettera di undici anni fa: A.
La A di serie A.

giovedì 25 aprile 2013

Partigiano!

Una delle ultime cose che mamma è riuscita a dire, con la poca voce che le rimaneva a causa della SLA, è stato un aneddoto sull'occupazione tedesca.
Raccontava di avere visto un ragazzino sfilare dalla fondina di un soldato tedesco, senza che questi se ne accorgesse, la sua pistola.
"Avevo tanta paura ma il soldato non si accorse di nulla, per fortuna. Avevamo tanta paura perché i tedeschi stavano cercando i partigiani o quelli sospettati di esserlo"
In uno strano corto circuito tra ricordi e festa della liberazione mi ricordo che l'ultima parola che mamma riuscì a dire fu "partigiano".
Poche ore dopo la malattia si aggravò e mamma venne intubata definitivamente e non parlò mai più.
Ci sono ricordi di cui ci si riesce a liberare.
Buon 25 Aprile.

domenica 21 aprile 2013

Il Partito Democratico come Ivan Lendl a Wimbledon

Ivan Lendl e il torneo di Wimbledon, un amore mai sbocciato.
Ivan Lendl era forte, non so per quanto tempo sia stato numero uno delle classifiche mondiali di tennis, solo che l'erba di Wimbledon gli era indigesta.
Così, nonostante tutti gli sforzi, anche quando gli riusciva a fatica di arrivare in finale c'era sempre qualcuno più forte di lui.
Magari gli stessi che in qualsiasi altro torneo, su qualsiasi altra superfice avrebbe battuto con molti meno problemi.
Il Partito Democratico assomiglia molto alla carriera di questo tennista, forte ma mai forte abbastanza in quello che desiderava veramente vincere.
Così se metti il PD a competere per le elezioni comunali, provinciali e regionali in ogni dove, non partirà mai veramente sconfitto.
Sono le politiche il punto debole, lì affiorano tutti i limiti, le paure e perché no, l'incapacità dei dirigenti.
E non è che gli avversari siano differenti e nemmeno gli elettori, manca quel qualcosa in più che gli altri tirano sempre fuori al momento giusto.
C'è chi pensa sia meglio essere così piuttosto che fare come quelli che vincono, in politica però conta chi vince e governa e in politica, per dirla (mandando un po' in vacca il momento drammatico che viviamo) come il padre di Indiana Jones "non c'è la medaglia d'argento per chi arriva secondo".
Buona settimana

mercoledì 17 aprile 2013

Discorso di insediamento del Presidente Stefano Rodotà



Vorrei poter ringraziare uno ad uno chi mi ha concesso un tale onore ed onere ma per privacy e segretezza del voto non posso farlo.
Come ebbe a dire un mio predecessore facendo sue le parole di un francese, non citerò entrambi per privacy e riservatezza, “Non condivido ciò che dici, ma sarei disposto a dare la vita affinchè tu possa dirlo”.
Sempre che, sia chiaro, le tue dichiarazioni ed opinioni siano state accompagnate da un apposito modulo firmato che acconsenta a tutti di conoscere le tue idee.
In caso contrario tutto deve rimanere riservato.
Detto questo posso continuare a parlare e rendere note le mie idee solo se tutti i presenti in aula avranno dato il consenso, firmando l’apposito modulo distribuito poco fa dagli uscieri.
Se non lo avete fatto, siete pregati di provvedervi immediatamente.
Grazie.

domenica 7 aprile 2013

Quando comprai un disco dei Simple Minds

Più o meno era un pomeriggio come questo, tendente all'umido forte.
Non so se fosse già primavera o inverno, insomma sono passati un bel po' di anni, quasi trenta, forse meno.
Comunque erano gli anni 80 e la musica la ascoltavi per radio, sui vinili o le musicassette.
Era giunto il momento di acquistare New gold dream dei Simple Minds, troppe volte l'avevo sentita alla radio, basta, volevo a tutti i costi quel 33.
Ricordo ancora quel vinile sobrio, l'etichetta Virgin rossa su un lato e verde sull'altro.
Ascoltai subito la title track che negli anni 80 era solo la canzone che dava il titolo all'album.
Poi ascoltai il resto dell'album e mi ritrovai a pensare che New gold dream per quanto bella, fosse solo una delle tante canzoni belle di quel 33
Una mi colpì più di tutte, per il titolo e per il suo ritornello " Colours fly and Catherine wheel"
"Catch a boy Fell Falling
Fall in love Fell Falling
Catch a boy Fell Falling
Fall in love Fell Falling
Catch a boy Fell Falling
Out of the Sky "
Così in questo giorno prima soleggiato e ora un po' grigio mi è tornata alla mente questa canzone, perché come tante altre, alcune canzoni un giorno entrano nella tua vita e non ne escono più.
Lo so, l'ho già detto ma a me piace scriverlo.
Buona settimana

lunedì 1 aprile 2013

Nove

Ogni volta che arriva l'anniversario di quando ho iniziato a scrivere penso sempre al motto dell'allora primo John's blog.
Oggi come nove anni fa, chi si ferma qui è il benvenuto.
Buona settimana

domenica 31 marzo 2013

Fosse solo un'ora

In questi giorni è tutto un lamentarsi dell'ora di sonno "rubato".
Fosse solo un'ora, fosse solo questo il problema, il vero furto è un altro.
Sono le ore che passi in riunioni a sentirti dire sempre le stesse banalità, dette solo per soddisfare l'ego di qualcuno e mai veri propri momenti nei quali migliorare.
Sono le ore che passi al lavoro in quei giorni nei quali sai benissimo che non si concluderà nulla, perché chi vuoi che ti ascolti un venerdì prefestivo.
Queste sono ore rubate a cose che potresti vivere con più piacere o semplicemente decidendo tu cosa farne, senza imposizioni, senza obblighi.
Vivere delle ore a fare cose inutili, questo è il problema.
Magari fosse solo un'ora, magari.

mercoledì 20 marzo 2013

Chiudo gli occhi e penso a te

In fondo è strano, quali sono le storie d'amore alle quali penso di più?
Quelle durate meno o nemmeno iniziate.
Perché anche a distanza di anni pensi a tutte le cose che avresti voluto dire e fare e invece non c'è mai stata occasione.
Forse perché pensi che se lei avesse conosciuto meglio il tuo mondo non se ne sarebbe andata o si sarebbe convinta che valeva la pena rischiare.
Forse, forse e ancora forse.
Se le cose non sono andate o non sono state c'è solo una risposta, consolatoria ma che ti fa voltare pagina, semplicemente doveva andare così.
Eppure a volte quando sei lì solo e nessun libro, programma tv o canzone riesce a farti compagnia ancora una volta la mente va a come potrebbe essere stato.
E ancora una volta, come dice un vecchio successo musicale, "chiudo gli occhi e penso a te".

sabato 9 marzo 2013

A Berlino... va sempre bene

Volevo scrivere che una volta andando a prendere il treno, sullo stesso binario c'era Carlo Massarini, quello di Mr Fantasy e che lui si è accorto che io l'avevo riconosciuto ma mi ha guardato come per dirmi "guai a te se mi disturbi"
A me sarebbe piaciuto ringraziarlo di avere conosciuto grazie a lui il mio complesso preferito gli Ultravox e poi altri, come Garbo.
Però mi ha guardato male e allora mi son voltato dall'altra parte.
In realtà io volevo scrivere una dotta analisi del voto appena svoltosi nel nostro paese ma non mi viene niente di buono se non una piccola riflessione su Bersani.
Son tutti lì a criticarlo, doveva fare questo, non doveva dire quella cosa o non fumare il sigaro in pubblico poi se gli fosse andata di culo in un paio di regioni in più adesso chi ci farebbe caso al sigaro.
Insomma non è l'immagine, i programmi, è il culo che conta e Bersani ne è privo.
Se però proprio ci penso non sono Massarini o Bersani i veri protagonisti dei miei pensieri, è che da qualche giorno mi ronza in testa questa canzone di Garbo, che sentii per la prima volta tanti anni fa proprio durante la trasmissione "Mr Fantasy" di Massarini.
Era il 1981 ed oggi è il 2013, trentadue anni e mentre scrivo quella canzone è in sottofondo. 
Non c'è un vero filo logico in questo post, non c'è proprio se non quello che a volte le canzoni entrano per caso nella tua vita e non ne escono più.
E non c'è un motivo, così come questo mio scrivere.
Buon fine settimana.

Garbo, A Berlino... va bene. EMI. Youtube.com




venerdì 1 marzo 2013

Uno in meno sulla faccia della terra

Quando muore qualcuno, famoso o sconosciuto, c'è chi ne è addolorato, chi vuole ricordare quello che ha fatto, poco o tanto che sia.
Poi ci sono quelli che dicono "uno in meno sulla faccia della terra", così per fare una battuta e anche perché, probabilmente, a loro poco importa.
Oppure dicono "una pensione in meno da pagare".
Secondo me quelli del Movimento 5 Stelleappartengono a questa categoria.
Buon fine settimana.

lunedì 18 febbraio 2013

La caduta degli dei

Ci sono le imprese e gli uomini che le compiono.
La grandezza delle imprese realizzate spesso, forse sempre, ci fa dimenticare che chi le compie è, in fin dei conti, un uomo.
Un uomo con qualcosa in più ma pur sempre un uomo.
Così per andare oltre c'è il ciclista che non sia accontenta di avere sconfitto una malattia e vuole anche completare la favola, il lieto fine però è artificiale, frutto della chimica.
L'atleta senza gambe affascina il mondo correndo, dando la speranza anche a chi per un malevolo caso della genetica è privo di quello che tutti possono fare normalmente.
Eppure anche lui, così perfetto nella sua imperfezione, è un uomo preda delle pulsioni più basse arrivando a uccidere in un breve e tragico momento di follia.
Simboli ai quali hai guardato con ammirazione, esempi e improvvisamente cadono nel fango e pensi se sei tu sbagliato ad esserti lasciato abbagliare o il mondo incapace di scindere le imprese dagli uomini.
Così ti ritrovi a giudicare un Papa e a schierarti sulla bontà o meno di una decisione, dimenticando che persino il primo Papa fu per un attimo codardo e pauroso, rinnegando non una ma tre volte il suo Signore.
Dei caduti ma in realtà uomini, trasformati in qualcosa che non sono mai stati dagli stessi uomini.

lunedì 11 febbraio 2013

Il quinto Papa...

Se Dio vorrà il prossimo Papa che vedrò sarà il quinto della mia vita.
Il primo fu Paolo VI, ero piccolo.
Ricordo la sua voce flebile, a tratti incomprensibile per un bambino, la sua parte finale di pontificato incrociò gli anni di piombo, forse fu costretto a scrivere o dire cose che non voleva a causa dellla ragion di stato italiana
Poi arrivò Giovanni Paolo I, Albino Luciani.
Me lo ricordo meglio,  la sua semplicità, la sua modestia, la genuinità.
Morì dopo appena un mese, molto si è detto e scritto, complotti o forse più semplicemente un uomo chiamato ad un ruolo troppo grande per lui.
Giovanni Paolo II, quanto si è scritto, quanto si è detto.
Una sola parola: carisma.
Poi potete parlarmi di quella volta che andò in Cile o della mortale solitudine del vescovo Romero.
Certo, certo.
Carisma.
Benedetto XVI.
Non c'è miglior servo per Dio di quello che riconosce la propria debolezza.
E stasera, a questo Papa che non amo, dedicherò una preghiera.
Per le volte che ha pregato per noi, per le persone, come me, che le chiese le vedono da lontano.
E se Dio vorrà, vedrò un quinto Papa.

giovedì 31 gennaio 2013

La forma autentica delle cose

Secondo me la crisi non è il frutto di avventate manovre speculative andate male, no.
La crisi è iniziata dentro di noi, quando abbiamo iniziato a dare nomi differenti alle cose, perdendo di vista la forma autentica delle cose.
Cose anche insignificanti alle volte ma anche schifo che abbiamo voluto vestire bene perché sentire certe parole dava fastidio.
Passi per il negozio diventato "store" o per lo spaccio aziendale tramutato in "outlet", poco male.
Quando però gli spacciatori di droga sono diventati "pusher" allora sì che si è aperta una voragine, perché la merda deve essere per forza in qualche maniera "cool" perché certe cose no, meglio non scriverle, meglio non leggerle o peggio, mostrarle.
Così i caseggiati sono diventati "compound", i margini "spread" perché se non sai l'inglese sei out o forse non vuoi far capire proprio niente a chi ti ascolta o legge.
E finché sono parole allora puoi sempre cercare di capire il vero significato ma quando passi alla storia, agli eventi, ecco tutto può diventare positivo, basta trovare le parole più adatte, l'atteggiamento più seducente.
Tanto tutti, prima o dopo nella vita, abbiamo fatto cose anche giuste.
Persino Mussolini, pare.

lunedì 21 gennaio 2013

Le mura di Argirocastro

Da un po' di giorni mi gira in testa questo nome di città: Argirocastro.
Dov'è l'ho imparato poco fa, prima di mettermi a scrivere, giusto così per essere meno ignorante.
Insomma a me questo nome di città, Argirocastro, fa venire in mente una città sotto assedio, orde di predoni pronte a dare l'assalto e ufficiali con sciabole, impeccabili nelle loro uniformi.
E ancora penso ad ufficiali di cavalleria che gridano "Alla carica!" e ancora eleganti donne in abiti ottocenteschi o del primo novecento.
Valorosi soldati che si sacrificano per salvare compagni e infine un bacio mentre il sole tramonta dietro le mura di Argiroscastro.
Chissà, magari un giorno sarò capace di scrivere una storia così.
Buona settimana


sabato 12 gennaio 2013

Un tempo fatto di penne e matite

E se misurassimo il tempo in un'altra maniera?
Un metro tutto nostro, solo nostro per scandire il tempo che passa, oggi siamo tutti sotto il dominio di anni, mesi e giorni.
Per non parlare di ore, minuti e secondi, tutto è fatto di trecentosessantacinque giorni, dodici mesi o sette giorni ma anche di ventiquattro ore, di sessanta minuti e sessanta secondi.
Tutto uguale il tempo scandito e le risposte che diamo.
"Da quanto sei qui?" "Due anni sei mesi e dieci giorni!".
Pensavo in ufficio, guardando la mia penna appena rimasta a secco di inchiostro, da quando sono qui, quante biro ho cambiato?
Quanti fogli di blocco ho usato, quante telefonate e mail fatte ed inviate?
"Da quanto lavori qui?"
"Quindici penne biro, trenta blocchi, cinquemila telefonate e diecimila mail!"
Un tempo fatto di cose usate, un tempo solo nostro senza più i soliti numeri.
Buon fine settimana

giovedì 10 gennaio 2013

Quella volta che attraversai l'ufficio cantando "shock the monkey"

Di solito quando inizio un lavoro nuovo cerco di comportarmi bene per i primi quindici, venti giorni al massimo.
Quindi tengo una condotta irreprensibile, poche battute, poca confidenza, insomma cerco di essere il più anonimo possibile.
Poi, quando capisco con chi si può avere più confidenza mi lascio andare.
Fu così che nel 2006 iniziai a lavorare per un'agenzia grafica di Verona, i primi tempi li trascorsi così, un profilo basso, poca confidenza o il minimo indispensabile per non sembrare antipatico.
In buona sostanza quando c'era il titolare tutti erano seri e rigavano dritto, quando se ne andava l'aria era più leggera e si poteva parlareo scherzare.
Fu così che un pomeriggio entrai nell'ufficio principale e con aria serissima chiesi "C'è il capo?" "No, è uscito, starà fuori per un paio d'ore".
"Bene" risposi e nel frattempo mi accovacciai come una scimmia ed inizia ad andare avanti indietro tra le scrivanie urlando "Shock the monkey" (una triste imitazione di quello che Petr Gabriel faceva durante il concerto).
Le facce dei colleghi le ricordo ancora, come ricordo una collega che mi disse chiaramente "ero convinta tu fossi una persona seria, convintissima e invece anche tu un cazzaro come gli altri".
Poi, dopo un anno e mezzo cambiai lavoro, convinto di andare in un posto migliore, mi sbagliavo e tanto anche.
Ora son tornato a lavorare in quella agenzia di grafica, il responsabile del personale mi ha accolto con queste parole "l'ambiente non è più quello di un tempo, c'è più serietà, mi raccomando!" "certo, non ti devi preoccupare"e lui subito "comunque quando il capo non c'è puoi ancora imitare Peter Gabriel"

Peter Gabriel. Shock the monkey.

lunedì 7 gennaio 2013

Tutte le volte che facciamo sesso senza fare sesso

Facciamo sesso più di quanto pensiamo, non ci credete?
O meglio, incontriamo il sesso più di quanto possiamo immaginare, non dico le ammiccanti pubblicità con corpi ben in vista o in qualche scena provocante alla tv.
Parlo di quelle occasioni nelle quali basta uno sguardo, un gesto per provocare quel meccanismo che scatena il desiderio.
Non è forse sesso quel sorriso che ci si scambia dopo aver fatto l'amore anche a ore di distanza, quel complice segno d'intesa che cela una cosa divisa solo tra e te l'altra persona?
Non è forse sesso l'incontrare qualcuno che hai amato e guardarlo con la consapevolezza di avere condiviso un piacere intimo?
La mano sul ginocchio mentre guidi o sei al cinema o sul divano... volete dire che non è sesso?
E quello sguardo compiaciuto della collega che sa di essere guardata...
Una camminata elegante... una gamba ed una calza...
Tutto può diventare desiderio dell'altro, persino un messaggio può scatenare fantasie, poi cosa importa se si avvereranno o meno, cosa importa.
E queste per me sono le volte nelle quali facciamo sesso senza fare sesso.
Buona settimana