giovedì 10 gennaio 2013

Quella volta che attraversai l'ufficio cantando "shock the monkey"

Di solito quando inizio un lavoro nuovo cerco di comportarmi bene per i primi quindici, venti giorni al massimo.
Quindi tengo una condotta irreprensibile, poche battute, poca confidenza, insomma cerco di essere il più anonimo possibile.
Poi, quando capisco con chi si può avere più confidenza mi lascio andare.
Fu così che nel 2006 iniziai a lavorare per un'agenzia grafica di Verona, i primi tempi li trascorsi così, un profilo basso, poca confidenza o il minimo indispensabile per non sembrare antipatico.
In buona sostanza quando c'era il titolare tutti erano seri e rigavano dritto, quando se ne andava l'aria era più leggera e si poteva parlareo scherzare.
Fu così che un pomeriggio entrai nell'ufficio principale e con aria serissima chiesi "C'è il capo?" "No, è uscito, starà fuori per un paio d'ore".
"Bene" risposi e nel frattempo mi accovacciai come una scimmia ed inizia ad andare avanti indietro tra le scrivanie urlando "Shock the monkey" (una triste imitazione di quello che Petr Gabriel faceva durante il concerto).
Le facce dei colleghi le ricordo ancora, come ricordo una collega che mi disse chiaramente "ero convinta tu fossi una persona seria, convintissima e invece anche tu un cazzaro come gli altri".
Poi, dopo un anno e mezzo cambiai lavoro, convinto di andare in un posto migliore, mi sbagliavo e tanto anche.
Ora son tornato a lavorare in quella agenzia di grafica, il responsabile del personale mi ha accolto con queste parole "l'ambiente non è più quello di un tempo, c'è più serietà, mi raccomando!" "certo, non ti devi preoccupare"e lui subito "comunque quando il capo non c'è puoi ancora imitare Peter Gabriel"

Peter Gabriel. Shock the monkey.

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