Ci sono le imprese e gli uomini che le compiono.
La grandezza delle imprese realizzate spesso, forse sempre, ci fa dimenticare che chi le compie è, in fin dei conti, un uomo.
Un uomo con qualcosa in più ma pur sempre un uomo.
Così per andare oltre c'è il ciclista che non sia accontenta di avere sconfitto una malattia e vuole anche completare la favola, il lieto fine però è artificiale, frutto della chimica.
L'atleta senza gambe affascina il mondo correndo, dando la speranza anche a chi per un malevolo caso della genetica è privo di quello che tutti possono fare normalmente.
Eppure anche lui, così perfetto nella sua imperfezione, è un uomo preda delle pulsioni più basse arrivando a uccidere in un breve e tragico momento di follia.
Simboli ai quali hai guardato con ammirazione, esempi e improvvisamente cadono nel fango e pensi se sei tu sbagliato ad esserti lasciato abbagliare o il mondo incapace di scindere le imprese dagli uomini.
Così ti ritrovi a giudicare un Papa e a schierarti sulla bontà o meno di una decisione, dimenticando che persino il primo Papa fu per un attimo codardo e pauroso, rinnegando non una ma tre volte il suo Signore.
Dei caduti ma in realtà uomini, trasformati in qualcosa che non sono mai stati dagli stessi uomini.
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