Sarebbe facile in occasione dell'anniversario dello scudetto dell'Hellas Verona, parlare ancora una volta di quel campionato.
Più difficile è parlare del 29 aprile 1990, quando il Verona se ne andò in serie B.
Finiva così l'era di Osvaldo Bagnoli, la più gloriosa nella storia dell'Hellas Verona.
Sarebbero bastati due o tre pareggi in più, o almeno un paio di vittorie in più per riuscire a salvarsi dalla serie B.
La matematica dà sempre una speranza, la storia no.
Le storie finiscono, a volte male ma come disse Alex Ferguson lasciando il Manchester United occorre ricordare tutto "even the defeats", anche le sconfitte.
Rimangono le vittorie che nessuno avrebbe mai pensato di raggiungere, i gol strepitosi che nessuno mai avrebbe pensato di vedere.
Rimane lo scudetto.
Ai tifosi sarebbe bastato ricordare un gol segnato senza scarpa alla Juventus da parte di Elkajaer, invece la storia ci regala il ricordo di uno scudetto.
Capii che quel periodo si avviava alla fine quando arrivò al Bentegodi il Milan berlusconiano.
Non fece vedere palla al Verona, poi l'anno dopo giocammo uno scherzo incredibile al Milan, battendolo e regalando lo scudetto al Napoli.
Fu un caso, come un orologio rotto che segna due volte al giorno l'ora esatta.
Quel ciclo era finito e la partita a Cesena del 29 aprile non fu che l'ufficializzazione di una cosa che ormai i tifosi sapevano da tempo.
Eppure i tifosi sono ancora lì, dopo 35 anni a cantare la versione locale di "you'll never walk alone".
Non lo so se un giorno qualcuno griderà ancora in Piazza Bra "Siamo campioni!" come fece Osvaldo bagnoli la sera del 12 maggio 1985.
Hellas Verona non lo so cosa riserverà il futuro, nessuno lo sa.
So che i tuoi tifosi ci saranno sempre quando in campo scenderai.
martedì 12 maggio 2020
sabato 2 maggio 2020
Un bacio clandestino
Non parcheggiavano mai nel parcheggio riservato ai clienti,
Indossavano la mascherina, i guanti e preso il carrello si mettevano in fila.
Fingevano di non conoscersi, solo i più attenti avrebbero potuto capire il loro gioco di sguardi ma tutti erano troppo attenti al proprio turno di entrata.
Poi, pagato e usciti, entravano in quel lungo corridoio con una rientranza più o meno a metà della lunghezza del corridio, grande abbastanza per uscire dalla vista di tutti.
Solo un ciao e un sorriso e poi tolta la mascherina un lungo bacio.
Era il solo momento che potevano avere, avevano deciso di correre quel pericolo ma a volte i sentimenti, il desiderio e il corpo obbediscono a qualcosa che non è scritto e che è difficile o almeno per loro era difficile impedire.
Poi a turno uscivano, fingendo indifferenza e salendo in fretta in auto, guidando ancora più in fretta verso casa.
Arrivati una domanda li avrebbe attesi, una sola domanda da parte dei propri compagni:
"Ci hai messo tanto, c'era gente?"
Come sempre sarebbe bastato rispondere: "Sì, lo sai com'è di questi tempi".
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