Contiamo morti e feriti, calcoliamo i danni, come al solito c'è chi ama il palcoscenico a tutti i costi e non esita a farsi un po' di pubblicità sulle spalle dei morti, merce rara il rispetto per chi senza una telecamere ed un microfono è il nulla.
Bei tempi quando la mia maestra delle elementari spiegava che la pianura padana è come un gigantesco cuscino che attutisce le scosse di terremoto, bei tempi.
Non è più così forse non lo è mai stato, ora a quaranta chilometri in linea d'aria da casa mia ci sono migliaia di sfollati, macerie ma soprattutto morti e feriti.
Passeggio per le vie del paese, alla fine della via principale ecco la campagna, i campi, quella pianura che pensavo amica e non lo è più.
Meglio non pensarci, meglio non immaginare il campo di calcio vicino casa pieno di tende, meglio non pensare al fatto che quelle scosse si avvicinano, no meglio di no.
Così mi lascio affascinare dal tramonto sui campi coltivati cullando un'illusione di tranquillità dopo la tempesta.
O prima di essa?
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