domenica 27 dicembre 2015

Quattro domeniche. Capitolo primo.

Da piccolo mi ricordo che le domeniche erano noiose, non c'era la tv dei ragazzi e soprattutto non c'erano i miei amici per giocare.
Insomma la domenica mi era indigesta, non m piaceva neppure il calcio.
Poi proprio il calcio, proprio una domenica mi ha fatto cambiare idea su quel giorno così poco amato da me.
A me andare allo stadio non piaceva, avevo paura dei botti però papà una domenica agli inizi degli anni 80 mi convinse ad andare a vedere Verona San Benedettese.
Nel mio immaginario di ragazzino il Verona lo vedevo come una squadra debole sempre destinata a perdere o comunque avara di soddisfazioni per i proprio tifosi.
Quella domenica però tutto cambia, tutto è differente una nuova generazione di giocatori è in campo.
Il Verona vince due a zero ma le occasioni per segnare altri gol sono numerose, il pubblico è entusiasta ed io mi innamoro di quello sport.
Improvvisamente nomi come Garella, Cavasin, Tricella, Penzo, Guidolin e Gibellini, solo per dirne qualcuno, diventano il mio pane quotidiano di ragazzino.
Allenatore è un uomo apparantemente schivo e di poche parole: Osvaldo Bagnoli.
Farà la storia del Verona ma di questo parlerò in un altro momento.
Questo racconto in cinque parti inizia da qui e parla di altre quattro domeniche legate al calcio e alla storia della mia famiglia, di come è facile arrivare in alto e altrettanto facilmente cadere.
Di come finché tutto va bene una famiglia sia unita e di come invece quando la buona sorte ti volta le spalle tutto sparisca improvvisamente, distruggendo anche le certezze più solide.

martedì 22 dicembre 2015

Amore e universi paralleli

Capita di innamorarsi, sei indaffarato a fare le tue cose e cavolo ti accorgi che c'è una persona che pensi in continuazione.
Lavori, leggi, vai al cinema, guardi la tv e anche quando non fai niente quella persona è sempre lì nella testa.
Io non lo so come è successo, è accaduto e basta.
Cotto e stracotto di una come non capitava da anni, manco fossi un quindicenne.
Avendo una certa età ho provato ad esaminare il tutto in maniera distaccata e razionale, oserei dire quasi con metodo scientifico.
Una lunga valutazione delle reali possibilità di essere ricambiato, tutti gli elementi  valutati nei pro e nei contro.
Tutto con unico scopo: capire che non è cosa, lasciar perdere e vivere tranquillo senza i patimenti che l'amore per sua natura porta.
Niente da fare... non mi passa, sarò scemo. 
Non ho la minima possibilità che la cosa si realizzi eppure questa persona non riesco a fare a meno di pensarla.
Che faccio adesso? Fingo indifferenza finché tutto si sgonfia? La corteggio? Mi dichiarò e sia quel che sia?
Perché l'amore è così complicato e imprevedibile?
A volte vorrei che l'amore fosse un diagramma di flusso: fai questo ed accade quello, accade quello e allora fai questo.
No, niente da fare non funziona così.
Da vecchio amante della fantascienza immagino esista una realtà alternativa, parallela a questa.
Una realtà nella quale tutto è andato bene e il me stesso di quel mondo parallelo vive accanto a lei felice e contento.
Me stesso di quel mondo se per caso esisti da qualche parte nel tempo e nello spazio devi sapere una cosa: ti invidio molto.
A tutti voi e ai vostri cari buon Natale
gianni

lunedì 12 ottobre 2015

Una cosa cattiva che mi disse mamma

Mi mancano moltissimo i miei genitori, mi mancano i loro pregi e anche i loro difetti, non credo di dire nulla di male anzi è meglio essere sinceri.
A volte certe cose dure dette da loro nascevano dal non capirci, da momenti di rabbia, dal fatto di vivere in tempi differenti, alcune le ho meritate altre sono state gratuite.
Mamma una volta mi disse che una ragazza che mi aveva appena lasciato aveva fatto bene visto il carattere che mi ritrovo.
Una cosa che i genitori dovrebbero capire, al di là di chi ha ragione o torto in una discussione aspra tra genitore e figlio, è che puoi dire tante cose per affermare la tua posizione di genitore ma non toccare l'amore, perché l'amore che finisce è già una discreta punizione durante la vita, è già sufficente per farti stare male, era stata una storia breve ma si era interrotta così presto, di punto in bianco e mi sentivo sconfitto come se tutta la mia vita fosse un fallimento.
Non essere stato capace di far capire a quella ragazza come fosse la mia vita, chi fossero i miei amici, le cose che amavo fu un colpo allo stomaco e nonostante siano passati un bel po' di anni, se ci ripenso, ancora un po' provo quella delusione.
E visto che già ero giù di morale arrivò mamma col suo carico da undici, per dirmi una cosa del genere probabilmente dovevo averla combinata grossa ma io mica mi ricordo perché l'avessi fatta arrabbiare.
Il problema di mamma è che morto papà lei mi aveva messo al suo posto e quindi quando prima si beccava lui le sue arrabbiature me le beccavo io.
Accumulava accumulava eppoi esplodeva, fondamentalmente mamma pensava che a me di lei non importasse nulla e che se fosse stata male io mi sarei defilato lasciando ad altri il problema.
È il mio grande difetto, sembra sempre che a me le cose non importino invece io le cose le prendo seriamente ma è per non farmi schiacciare dalla loro importanza che le tratto con ironia che sembra menefreghismo ma non lo è, a volte è paura di non essere all'altezza della situazione, di deludere e per sopportare tutto questo faccio una battuta.
Probabilmente a mamma qualche battuta non piacque affatto, averne ancora genitori con i quali litigare.
Buona settimana.

venerdì 9 ottobre 2015

Sarei solo felice

Sai a volte sono andato a lavorare un'ora dopo per venirti a salutare, a volte senza motivo sono passato da te anche solo per vederti un momento.
Tu invece per me una cosa così non l'hai mai fatta, perché hai sempre mille cose da fare, perché una volta c'è una cosa e la volta dopo un'altra.
Perché bisogna programmare tutto altrimenti chissà che scombussolamento, chissà che caos.
Eppoi se ti presentassi fuori dal mio ufficio chissà cosa penserebbe la gente visto che non stiamo insieme e mica puoi permetterti che io mi metta nella testa che ti vuoi mettere con me.
Chissà, chissà e ancora chissà... 
Comunque se mai un giorno decidessi di farti trovare a sorpresa fuori dal mio ufficio ecco io... ecco io sarei solo felice.
Buon fine settimana.

venerdì 2 ottobre 2015

A volte mi chiedo...

A volte mi chiedo: "e se diventassi di colpo ricchissimo?" 
Insomma vincere il superenalotto e così nel giro di un minuto capire di potersi permettere tutto senza più dovere fare i conti per sbarcare il lunario, senza più doversi alzare per andare al lavoro.
Tanti dicono che morirerebbero dall'emozione, altri che impazzirebbero a me invece, pur desiderando una vincità plurimilionaria, la cosa farebbe paura.
Non di morire o impazzire dall'emozione ma di non sapere come sfruttare tutto il tempo a disposizione che la ricchezza insperata porterebbe.
Anni a desiderare di poter passare il tempo come si vuole e poi non saperlo sfruttare.
È questo che mi fa paura, paura di sentirmi in colpa per una giornata sprecata facendo cose banali.
Poi però che male ci sarebbe a sedersi sul divano, leggere un libro mentre il mondo fuori corre e stasersene a fare niente?
Non ci sarebbe niente di male, la cosa più importante sarebbe quella di non perdere il contatto con la realtà, rimanere come si è e ogni tanto fare quelle cose che di solito non si possono fare, così per il gusto di provare e poi tornare a casa come sempre senza obbligo di orari. 
Magari in una casa con un grande terrazzo dove fare cene interminabili con gli amici.
Magari per avere tempo e prendere quella laurea buttata via così senza sapere veramente il perché.
Magari per poter vedere una città che ami con calma o scoprirne una mai vista senza fretta.
Magari per andare a trovare gli amici lontani, quelli che quando li pensi ti accorgi che son passati anni dall'ultima volta che li hai visti.
Magari ci riesco senza vincere la lotteria.

sabato 29 agosto 2015

Una famiglia che per la chiesa non è una famiglia ma per me lo è

Io una famiglia vera e propria non ce l'ho, non sono sposato, non convivo e non c'è (almeno per il momento) nessuno all'orizzonte.
Ho un fratello ma è tanto che non ci parliamo e se lui non mi ha cercato forse vuol dire che sta bene così, ci ho provato nel tempo a far andare le cose bene, magari avrei dovuto provarci di più.
Sta di fatto che ad un certo punto ho smesso di pensarci e molto probabilmente lo ha fatto anche lui.
Ho zie e zii ma ho finito per trascurarli perché a volte alla fine di una settimana non hai voglia di girare tra parenti, hai solo voglia di silenzio e goderti una casa mai abbastanza curata, mai abbastanza vissuta perché si parte presto al mattino e si torna tardi la sera e quando buona parte del tuo lavoro significa dover parlare l'unica cosa che vuoi è un po' di silenzio.
Però una famiglia io ce l'ho.
Sono i miei amici, quelli che mi conoscono da tanto, quelli che hanno visto e vissuto le gioie e le tempeste che una vita porta.
Non sempre sono stato all'altezza della loro amicizia, non sempre sono stato la persona che loro si aspettavano io fossi.
No.
Eppure sono rimasti, mi hanno sempre aperto la porta e ascoltato e sono stati duri a volte nelle risposte ed è soprattutto per questo che li considero la mia famiglia.
A volte quando aspetto di prendere il treno per andare al lavoro o tornare a casa vedo persone alle quali la vita ha riservato un destino amaro: vivere ai margini, soli e poveri.
Allora penso che quelle persone non hanno avuto chi è andato a trovarli a casa per capire cosa stesse andando storto o qualcuno che si è speso per aiutarli rubando tempo alla propria famiglia e non hanno avuto neppure qualcuno che abbia detto loro come fosse bello passare del tempo in loro compagnia.
Qualcuno che si è ricordato di loro in poche parole.
Io invece ho avuto questa fortuna, questa ricchezza.
Ecco perché penso di avere una famiglia che per la chiesa non è una famiglia ma per me lo è e solo questo conta.
Buon Settembre.

venerdì 5 giugno 2015

L'ultima estate

Uscirono dall'acqua tenendosi per mano poi lei lo spinse via quasi facendolo cadere ma lui tornato in equilibrio fece altrettanto con lei che non ebbe la forza di rimanere in piedi.
Lui ne approfittò per gettarsi su di lei e baciarla.
"Calmati o ci arresteranno per atti osceni, ci sono ancora tante persone qui intorno".
La spiaggia si stava svuotando con l'avvicinarsi della sera ma ancora molti occhi stavano osservando quei due baciarsi sulla sabbia con un trasporto che molti avrebbero definito inopportuno vista la gente ancora presente.
La coppia tornò ai loro teli stesi, risero guardando gli sguardi tra l'imbarazzato e il severo di chi fino a pochi attimi prima li vedeva baciarsi.
Poi lei chiese "Hai avuto la conferma alla tua teoria?"
Lui rimase in silenzio un po' cercando le parole giuste, non era un problema per lui parlare, lo faceva di professione.
Insegnare fisica per lui non era un mestiere di soli numeri, teorie e dimostrazioni, occorreva rendere tutto gradevole ed era bravo nel trovare le parole giuste per coinvolgere gli studenti.
Finalmente parlò "Sì, sembra che io abbia fatto centro e se di solito per uno scienziato trovare conferma alle proprie teorie è un onore questa volta ho  praticamente condannato l'uomo all'estinzione"
"Quindi quel pianeta che ha incrociato il nostro sistema solare ha modificato l'orbita della terra? Vuoi dire che..." lei non riuscì a finire la frase.
"Sì, per qualche mese ancora tutto rimarrà ancora così poi inizierà la stagione fredda e sarà ogni mese più gelida, qui l'anno prossimo ci sarà una distesa di ghiaccio e temperature polari. Entro un paio di anni il 95% della terra sarà ricoperto dal ghiaccio".
"Non so quanti riusciranno a sopravvivere, forse qualche decina di migliaia di persone riuscirà a rifugiarsi dentro basi scavate nelle montagne in caso di olocausto nucleare, uno delle poche cose positive che la guerra fredda ha lasciato alle generazioni future".
"E noi cosa faremo?" disse lei senza emozioni, realizzando che per loro il futuro sarebbe stato breve.
"Non lo so, perdonami non so cosa altro dire"
Lei appoggiò la testa sulla spalla di lui poi disse "torniamo a casa solo dopo che il sole sarà tramontato"
Lui annuì e cosi fecero, lasciando la spiaggia il padrone di un piccolo chiosco di bevande li salutò alzando la mano, loro ricambiarono.
L'uomo pensò a quei due mentre metteva in ordine come sempre poco prima di chiudere.
"Sono sempre gli ultimi ad andarsene sembra che non si vogliano perdere nemmeno un secondo di questa stagione. Come se fosse... sì come se fosse l'ultima estate"

mercoledì 27 maggio 2015

I veri giorni da ricordare

È facile scrivere di giornate belle e spensierate, di risate, di divertimento.
Invece bisognerebbe parlare di quei giorni nei quali non è andato bene niente, niente di niente e cercando di migliorare hai combinato ancora guai.
Quei giorni nei quali gli amici e i colleghi nel guardarti o ascoltarti scuotono la testa in segno di disapprovazione.
Questi dovrebbero essere i veri giorni da tenere bene in testa, quelli dove i problemi ti spiazzano e ti rendono mediocre o probabilmente mediocre lo sei sempre ma basta una battuta felice per mascherare tutto.
Quei giorni nei quali non c'è niente e nessuno da incolpare tranne te stesso e quando finalmente il giorno finisce se sei da solo nel letto e chi gira per casa è solo una gatta, ecco e così che si capisce che il colpevole vero lo sai bene chi è e lo vedi tutti i giorni nello specchio.

giovedì 21 maggio 2015

Abbracci

La stazione mi offre la possibilità di vedere l'infinità di maniere che hanno le persone di salutarsi.
Formali strette di mano, cenni del capo, mani alzate, saluti a a voce più o meno alta e infine gli abbracci.
L'abbraccio di chi si incontra è affettuoso ma breve ed è condito da risate, parole di affetto, perché le persone sanno di avere tempo davanti per parlare, fare cose, insomma godersi l'amicizia ritrovata.
L'abbraccio di chi si saluta è più lungo, intenso e soprattutto è silenzioso.
Perché solo in quel momento ci si rende conto che bisogna salutarsi per davvero, che il tempo di stare insieme è finito ed è ora di tornare alle proprie vite.
Non è il fatto di mettere molti chilometri tra le persone, è la consapevolezza che oltre a questo ci sono gli impegni e i problemi di tutti i giorni a dividere gli affetti e che tutto questo ci renderà difficile sapere quando potremo incontrare quelle persone che rendono la vita migliore e diversa dai nervosi e le storture di cui la vita purtroppo è piena.
In quei lunghi e silenziosi abbracci c'è la tristezza del distacco, l'incertezza di sapere se la vita ci daŕà ancora momenti belli come quelli trascorsi insieme agli amici più cari, lontani o vicini che siano ma c'è anche la consapevolezza di esserci regalati attimi che nessuno mai ci porterà via comunque vadano le cose.
Così guardando le persone salutarsi con un abbraccio penso che la ricchezza più grande sia avere tempo.
Tempo per noi stessi, per le nostre passioni, per i nostri cari insostituibili amici ai quali non negheremo mai un abbraccio.

sabato 16 maggio 2015

Quando diventammo tutti campioni

"Siamo campioni!"
Lo dice un emozionato e come sempre a poco agio con i microfoni Osvaldo Bagnoli, a lui essere sotto i riflettori costa fatica.
Ho pensato spesso a quelle poche parole gridate e solo oggi dopo trenta anni ho capito che Bagnoli non si riferiva alla squadra ma a tutti, ai tifosi ma più in generale alla città, alla provincia insomma a tutti.
Sì erano altri tempi, forse migliori sicuramente diversi ma riuscire in qualcosa che nessuno riteneva realizzabile fu una grande lezione per tutti.
È questa la vera eredità di quel trionfo: pensare che l'impossibile può accadere, provarci.
Può andare male, può andare bene ma scartare a priori che una cosa possa accadere senza nemmeno provarci significa avere rinunciato a vivere.
Il Verona di Bagnoli non scendeva mai in campo battuto e così facendo riuscì nell'impresa ma anche se non ci fosse riuscito sarebbe comunque rimasta la lezione di chi prova a battersi comunque.
Poi, come ho detto, le cose possono riuscire o meno ma almeno non ci sono alibi, scuse, rimpianti.
E diventammo tutti campioni anche perché quell'Hellas era una parte di tutti, un comune affetto che riuscì ad unire allo stadio persone molto diverse tra loro.
E fu una vittoria che ci ripagò di essere stati come città sotto ai riflettori per storie brutte come quella di Ludwig o il rapimento Dozier.
Cinque anni fa scrissi una mail a Gigi Garanzini, giornalista sportivo allora a Radio24 e una delle voci sportive più imparziali, dicendogli che se era capitato una volta sarebbe potuto capitare ancora.
Mi rispose che la vedeva dura col calcio attuale eppure nonostante quel suo pessimismo io continuo a pensare che un giorno qualcuno griderà ancora a Verona "Siamo campioni!".
Non sarà oggi, forse nemmeno dopo domani ma accadrà e ancora una volta diventeremo tutti campioni.

sabato 31 gennaio 2015

Verjeat è a Montpellier

Spesso durante la vita trovi qualcuno o vivi delle situazioni nelle quali qualcuno o qualcosa ti convince che una data cosa non si può avere, che quella tua richiesta non potrà mai e poi mai essere soddisfatta o semplicemente che tu da certe cose sei escluso e basta.
Eppure rimuginando sopra alle motivazioni di chi ti dice no e solo no capisci in realtà non ci sono ragioni vere perché tu non possa fare o dire o chiedere quello che ti viene semplicemente negato.
Poi ci sono volte in cui qualcuno dice delle stupidate immense ma magari è il tuo capo o un parente saggio o ancora una persona della quale tutti hanno timore o rispetto e allora nessuno ha il coraggio di dire che ha appena detto una sciocchezza.
Così le persone si fanno influenzare da opinioni sbagliate, chi sa tace per comodità  o tace  per paura.
Ci sono persone però che invece parlano e così vengono messe in disparte perché come osano dire certe cose, come osano mettere in dubbio le parole dette o le decisioni prese.
Poi un giorno quelli che ti hanno messo in disparte che ti hanno indicato come il ribelle fanno esattamente quello che tu avevi detto oppure diventa evidente la stupidità delle situazioni create.
Allora non hanno nemmeno il coraggio di guardarti in faccia, fanno finta di nulla ma sanno che ti stai godendo la tua rivincita.
Non lo diranno e ammetteranno mai di avere avuto torto ma bastano quei pochi attimi nei quali capiscono di essere un re nudo per ripagarti di tutte levolte che ti hanno detto no e di avere torto marcio.
In quei momenti quando so di avere ragione e gli altri abbassano lo sguardo per l'imbarazzo penso ad una battuta i un vecchio poliziesco anni 70 francese con Lino Ventura.
Una battuta detta alla fine del film che riassume tutta la storia, lo sbirro che aveva capito tutto ma che non può avere ragione per non gettare nello scandalo il politico di turno viene trasferito.
Però il destino tende una trappola a chi preferiva il silenzio e allora il re nudo chiede allo sbirro di risolvere tutto ma Lino Ventura (il suo personaggio si chiama Verjeat, non ricordo se commissario o ispettore, ormai trasferito nella città di Montpellier) si prende una piccola rivincita con una frase "Verjeat è a Montpellier" ed esce di scena lasciando nei guai chi lo aveva sbugiardato.
A volte è capitato anche a me di avere brevi rivincite ma il più delle volte sono stato tra chi ha preferito stare zitto, soprattutto per paura.
Inutile fingere di essere un personaggio di un film o meglio una persona diversa da quella che si è.
Buon fine settimana