Da quando ho lasciato l'ufficio e lavoro da casa la mia postazione preferita è il divano.
Appunto ci lavoro, con giorni buoni e altri meno buoni.
In buona sostanza le stesse cose che so fare bene in ufficio le faccio bene anche a casa.
Così come gli stessi errori che faccio in ufficio li faccio anche a casa.
Tornando al divano.
A volte mangio sul divano, naturalmente guardo la tv e a volte ci dormo pure.
Non c'è molto altro da fare, di questi tempi.
Il lato positivo è che ho una casa dove stare e un divano comodo.
Se non posso vivere divinamente posso vivere almeno divanamente.
Le poche volte che metto il naso fuori c'è un'aria fresca e mi sembra più pulita, è strano pensare che nella stessa aria viva il nemico di questi tempi.
Poi ci sono pochi rumori anzi a volte c'è tanto silenzio, silenzio interrotto dalle voci che sento negli appartamenti vicini o dal rumore delle abitudini altrui.
Intanto fuori la gente si ammala, c'è chi ce la fa e chi invece no.
C'è chi lavora disperatamente per aiutare i malati, chi per farci mangiare.
Tutto quello che posso fare io invece è stare sul divano.
Il destino mi ha evitato, nelle mie scelte professionali, di vedere la sofferenza.
Fino a qualche giorno fa non avevo paura del futuro, da qualche giorno un po' di più, vedendo quei cartelli appesi sulle vetrine di negozi, bar, cinema e ristoranti che mai e poi mai avrei immaginato chiusi così a lungo.
Riapertura prevista a data da destinarsi.
Quando rivedrò di persona i miei amici, i miei colleghi?
Quando potrò tornare nei luoghi dove amo andare?
Per il momento ho appeso anche io un cartello
La vita di prima? A data da destinarsi.
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